martedì 20 dicembre 2016
La ragazza del treno
Coinvolta in un mistero per caso
Il film è la trasposizione cinematografica del bestseller mondiale di Paula Hawkins (2 milioni di copie vendute in tutto il mondo). Diretto da Tate Taylor (The Help, Get on Up), La ragazza del treno è interpretato da Emily Blunt, Rebecca Ferguson, Luke Evans ed Edgar Ramirez.
Devastata dal recente divorzio e incapace di accettare la fine del matrimonio e il tradimento dell'ex marito, Rachel comincia ad osservare, trasformandola in una vera e propria ossessione, la coppia apparentemente perfetta che vive in una casa che vede ogni giorno dal treno che la porta al lavoro. Fino a quando, una mattina scorge dal finestrino una scena che la sconvolge e si trova improvvisamente coinvolta in un caso misterioso e sconcertante.
Un thriller psicologico in cui realtà e apparenza, bugie e verità si intrecciano in un crescendo inquietante, in cui nulla è come appare.
Fonte: Qui
mercoledì 7 dicembre 2016
Kubo e la spada magica
Kubo è un cantastorie. Di giorno al villaggio suona e canta le gesta di storie senza un finale, animate davanti al suo pubblico di strada tramite origami; di notte invece si nasconde da un nemico occulto che lo cerca per privarlo dell'unico occhio che gli rimane (l'altro è bendato): il nonno. Ultimo di una famiglia legata alla magia, vive con una madre che sembra aver perso ogni forza per lottare e che, quando il nonno li troverà, scompare nel tentativo di far scappare il figlio. Inizia così il viaggio di Kubo, assieme a uno scarafaggio gigante e una scimmia, alla ricerca di un elmo, un'armatura e una spada che insieme gli consentiranno di sconfiggere l'ingombrante nonno.
Mascherata, tradotta, celata e messa in forma di allegoria, c'è una storia di formazione e di abbandono del nido familiare dietro Kubo e La Spada Magica. E quanto più questo cartone animato in stop motion aggiunge strati che impediscano di scorgere davvero la sua natura, tanto più sembra caricarsi di un senso romantico e perduto. Più cioè si allontana dalla propria essenza (un ragazzo diventa un uomo emancipandosi dalla propria famiglia), più riesce a raccontare questo passaggio condendolo con un'epica presa direttamente dall'intimità inconfessabile di ognuno.
Alla ricerca dei tre elementi che lo libereranno dalla persecuzione del retaggio del nonno, Kubo perde e ritrova i suoi genitori, affronta il peso delle proprie radici e ne esce talmente vincitore da non aver bisogno di annientare il nemico, ma da potersi permettere di inglobarlo, creando un rapporto sereno con il proprio passato.
La Laika, studio di animazione in stop motion responsabile di piccole gemme come ParaNorman ma anche di capolavori assoluti come Coraline, si diverte a giocare con la propria plastilina mettendo in mano al protagonista gli origami (veri antenati di questa tecnica di animazione) in foggia di strumento di combattimento e racconto, materia plasmabile che prende vita come avviene con la stessa stop motion.
Nonostante piccole creature che fanno da aiutanti silenziosi, debitori della tradizione Disney, Kubo e la Spada Magica non deve nulla a nessuno. L'ambientazione giapponese non implica una ricerca dello stile nipponico, né per questo ricalca la struttura dell'animazione statunitense. Fiero della propria identità questo film procede in autonomia. Questo però implica una certa stanchezza e una difficoltà evidente nel gestire le magniloquenti scene d'azione. Kubo e la Spada Magica, nonostante vanti una storia d'avventura, non ha anche la capacità di dargli l'afflato mostrato nel resto del film. Piatto e ripetitivo, sembra disprezzare gli scontri e il movimento rapido per preferirgli la costruzione delle scene dialogate o le più inventive sequenze di racconto. Anche la grande metafora del cantastorie senza un finale che cerca una chiusa alla propria storia, gira più intorno al suo essere narrata che al suo diventare atto. Purtroppo non è poco per un film che fonda su una lotta contro una serie ben determinata di nemici la propria allegoria della guerra per affermare se stesso.
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martedì 29 novembre 2016
Lion
Il cinema è fatto anzitutto di storie, e quella di Saroo è una bella storia. Una di quelle vicende che fa subito pensare quanto possa essere cinematograficamente potente. Insomma, il commento da bar ‘una storia da film’ è una sintesi adeguata per descrivere il soggetto di Lion, diretto da Garth Davis, esordiente al cinema che si è fatto le ossa con la serie televisiva Top of the Lake.
Saroo è un bambino che vive nell’entroterra povero dell’India nella metà degli anni ’80. Un giorno segue il fratello in un viaggio in treno per rimediare qualche soldo, e si perde. Finisce a Calcutta e poi viene adottato da un’amorevole coppia australiana che vive sul mare, nell’isola della Tasmania. Superati i vent’anni, mentre si trasferisce a Melbourne per studiare, viene tormentato dal suo passato, e grazie a Google Earth cerca di ritrovare la stazione e quei luoghi che continuano a tormentare il suo sonno. Lion è un adattamento del libro autobiografico dello stesso Saroo Brierley, A Long Way Home, in uscita per Rizzoli.
L’effetto collaterale della potenza di questa storia è proprio il suo essere edificante e commovente, quindi a rischio diabetico. Un prodotto in puro stile Weinstein con seduzione orientalistica alla The Millionaire, in cui particolarmente azzeccata è stata la scelta del protagonista bambino. Due sono i momenti della vita di Saroo in cui si concentra il film: lui bambino in India, coraggioso aiutante del fratello grande e orgoglio della madre che vive raccogliendo pietre; e vent’anni dopo, nel corso della sua vita australiana, nel momento in cui cede alla nostalgia di un passato che inizia a ricordare. Lion analizza il rapporto di Saroo con i due fratelli della sua vita: quello maggiore ormai perso che aveva per lui un forte istinto di protezione e quello problematico con cui è cresciuto, verso cui è lui ad avere attenzioni particolari.
Raro caso di product placement inevitabile per Google Earth, è prevedibile dal primo all’ultimo minuto; ma in fondo è proprio la sensazione rinvigorente di un possibile lieto fine nella vita, quello che ci si aspetta da un film come questo; da una storia come questa. Raccontata con un ritmo fluido che accelera man mano che i ricordi iniziano a tornare nel protagonista, dilata allo spasimo l’ovvia conclusione finale, regala a Nicole Kidman uno dei pochi ruoli convincenti di questo decennio e a Rooney Mara uno dei più anonimi degli ultimi tempi.
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mercoledì 16 novembre 2016
La Tartaruga rossa
Un uomo naufraga su un'isola deserta. Sulle prime cerca di fuggire, ma c'è un animale a impedirgli di prendere il largo: una tartaruga rossa. Una parte di lui forse capisce perché lo fa.
Veterano classe 1953, l'olandese Michael Dudok de Wit vinse meritatamente nel 2001 l'Oscar per il miglior cortometraggio animato, con lo straziante Father and Daughter, che a sua insaputa stava suscitando l'ammirazione del celeberrimo Studio Ghibli, nella persona del maestro Isao Takahata. Il passaggio dalla forma del cortometraggio a quella del lungo non poteva avvenire con padrino migliore: Takahata si è fatto mentore di questa produzione europea, che De Wit ha diretto da solo, con animazioni (al 90% a mano libera) dello studio Prima Linea.
All'incirca il primo terzo di La tartaruga rossa sarebbe da incorniciare, da collolocare nella storia dell'animazione: la stentata sopravvivenza del protagonista, il suo subire la natura e i rumori che manifesta (superbo il sound design), il suo scontrarsi metafisico con la tartaruga rossa emozionano come raramente accade, non solo nell'ambito dell'animazione, ma dell'arte cinematografica in generale. Il film è interamente privo di dialoghi, narrato solo con le immagini e col suono, e questa parte introduttiva riesce ad andare oltre la ricerca più classica dell'emozione di molti cortometraggi, inclusi quelli del regista. Colpisce nel segno il modo in cui gli ambienti, nella stilizzazione pittorica memore della tradizione giapponese, riescano a trasmettere una sensazione di realismo pari se non superiore a quella di un documentario: stesso discorso vale per i personaggi, concretissimi pure in uno stile gentile da linea chiara alla Hergé. La tartaruga rossa parte come un'esperienza vera.
Ma non prosegue alla stessa maniera. Un evento di natura spudoratamente magica trasforma l'esperienza sensoriale in una fiaba più didascalica di quel che ci si aspetterebbe da un inizio così folgorante. Non sarà per tutti un difetto, perché De Wit mantiene saldo il timone del significato: la necessità di un'unione con la natura eterna come la tartaruga, che non capisce perché pensiamo di poterne fare a meno. Era però un significato che all'inizio del film era veicolato da un cinema che ci metteva sul serio a contatto con l'aria, l'acqua, la luce, la morte. Una fiaba, per quanto elegante e preziosa, porta invece più il marchio dell'essere umano, della sua necessità di interpretare, di dare significato a quello che invece semplicemente è, di creare metafore e allegorie, ed è quindi meno dirompente. A riprova, l'enfasi sugli effetti sonori cede via via il passo a un commento musicale molto più prevedibile.
La tartaruga rossa avrà di certo uno stuolo di sperticati ammiratori, e non potremmo dare loro torto: solo viene spontaneo cercare il pelo nell'uovo quando ci si para davanti un talento creativo come quello di De Wit, che dovrebbe comunque intercettare l'interesse di tutti gli amanti del buon cinema.
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mercoledì 2 novembre 2016
Parola di Dio
Alle ragazze non dovrebbe essere concesso di partecipare alle lezioni di nuoto in bikini. Insegnare educazione sessuale a scuola è sbagliato. L'evoluzionismo è una teoria non provata e dovrebbe essere affiancata al creazionismo. Sono queste e altre le osservazioni che il giovane protagonista in piena crisi mistica, muove a chi gli sta intorno, citando a memoria i passi più cruenti della Bibbia e tentando di imporre anche ai suoi compagni di scuola la sua ortodossia estrema. L'unica voce che gli si contrappone è quella di Elena, giovane professoressa di biologia cresciuta alla scuola della scienza e del razionalismo. Ma come si può rispondere con la sola Ragione a chi nutre una Fede cieca?
DATA USCITA: 27 ottobre 2016
GENERE: Drammatico
ANNO: 2016
REGIA: Kirill Serebrennikov
ATTORI: Viktoriya Isakova, Yuliya Aug, Pyotr Skvortsov
SCENEGGIATURA: Kirill Serebrennikov
PRODUZIONE: Hype Film
DISTRIBUZIONE: I Wonder Pictures
PAESE: Russia
DURATA: 118 Min
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venerdì 14 ottobre 2016
SCHOOL OF ROCK
Dewey Finn, musicista povero in canna, riceve il colpo di grazia quando viene cacciato dalla sua band poche settimane prima di un importante competizione tra gruppi rock emergenti. Per racimolare qualche soldo e pagare così l'affitto all'amico di una vita Ned, apprezzato insegnante supplente, decide di sostituirvisi quando riceve un'offerta di lavoro destinata proprio a quest'altro. Spacciatosi per professore ora Finn dovrà gestire una classe di quinta elementare di uno dei più prestigiosi istituti del Paese, senza alcuna conoscenza nelle diverse materie; avendo assistito per caso ad una lezione di musica all'interno della struttura, e notato il potenziale talento di alcuni suoi alunni, l'uomo decide di trasformare l'aula in una vera e propria sale prove, affidando ai più promettenti studenti un ruolo chiave nella nuova band che prende il nome di School of Rock, con l'intento di farla partecipare ad un prossimo contest musicale. Ma il rischio che la verità sulla sua reale identità venga a galla rischia di complicare ben presto le cose...
Fonte: cinema.everyeye.it
lunedì 3 ottobre 2016
100 GRADI SOTTO ZERO
Steve Foster, eroe di guerra e pilota di aerei, è in viaggio con la sua nuova compagna destinazione Parigi, dove deve incontrare i figli adolescenti da lui avuti nel precedente matrimonio. I due ragazzi infatti, Ryan e la bella Tarin, si trovano per motivi differenti nella capitale francese. Ma nelle ultime ora l'intera Europa è scossa da cataclismi climatici di enorme portata, scatenati da una serie di inspiegabili eruzioni che hanno dato il via ad enormi nubi in grado di oscurare il sole e di abbassare considerevolmente le temperature. Questo è soltanto il preambolo di un'imminente era glaciale che rischia di mettere in ginocchio l'intero Vecchio Continente, provocando morte e distruzione. Per Steve, nel frattempo in contatto con il colonnello Ralph Dillard, suo ex-commilitone ora a capo delle forze militari statunitensi stanziate in Europa, inizia così una vera e propria corsa contro il tempo per portare in salvo i suoi cari.
Fonte: cinema.everyeye.it
martedì 27 settembre 2016
THELMA & LOUISE
Arkansas, anni '90. Thelma e Louise sono due amiche inseparabili: la prima, casalinga, ha una burrascosa relazione col marito Darryl che la trascura sempre più ogni giorno che passa mentre la seconda lavora come cameriera in un fast food. Per evadere dalla loro grigia quotidianità le due donne decidono di trascorrere un weekend fuori porta in una una località di montagna, partendo a bordo della scassata Ford Thunderbird di Louise. Durante il tragitto si fermano in un locale country, dove Thelma sotto i fumi dell'alcool riceve le attenzioni di un avventore del posto che, a fine serata, tenta di violentarla. Solo l'intervento dell'amica, pistola alla mano, impedisce lo stupro ma poi, in un impeto di rabbia, dall'arma parte un colpo che uccide l'uomo. Comprendendo come nessuno potrebbe credere alla loro storia, le compari decidono di abbandonare per sempre le loro vite e intraprendono un viaggio verso il Messico, ma le autorità sono già sulle loro tracce.
Fonte: cinema.everyeye.it
lunedì 19 settembre 2016
IL DIRITTO DI UCCIDERE
Katherine Powell (Helen Mirren), Colonnello dell'esercito britannico di stanza a Eastbury, si prepara a dirigere una delicatissima operazione anti-terrorismo: a Nairobi, infatti, è stato individuato un gruppo di militanti sunniti di Al-Shabaab, e il Colonnello ha finalmente l'occasione di colpire tre fra i più pericolosi ricercati dell'Africa Orientale, riuniti in una safe house assieme a due nuove reclute. Mentre Katherine osserva le immagini provenienti dal Kenya in attesa del momento propizio per agire, in una base militare in Nevada il pilota americano Steve Watts (Aaron Paul) gestisce il controllo di un drone insieme alla giovane Carrie Gershon (Phoebe Fox). A supervisionare la missione è il Generale Frank Benson (Alan Rickman, nella sua ultima interpretazione), in un meeting presieduto dal Ministro inglese Brian Woodale (Jeremy Northam). E nell'arco di qualche ora, lo svilupparsi degli eventi comporterà per tutti la necessità di prendere decisioni estremamente difficili...
Fonte: cinema.everyeye.it
domenica 4 settembre 2016
STRANGERLAND
Catherine e Matthew Parker si sono da poco trasferiti con i figli, la quindicenne Lily e il più piccolo Tom, in una remota cittadina nei pressi del deserto australiano. I loro dissapori familiari, le cui cause verranno pian piano a galla, portano però a continui litigi che influiscono anche sui comportamenti dei ragazzi: il bambino è solito girovagare di notte per via di una perenne (e non del tutto naturale) insonnia mentre la primogenita si comporta come una lolita di facili costumi. Dopo una delle escursioni notturne fratello e sorella spariscono però nel nulla, spingendo i genitori a denunciarne la scomparsa alle autorità locali, capitanate dal tormentato detective David Rae che inizialmente, anche per via di un passato burrascoso riguardante la famiglia e risultante dagli archivi, propende per un allontanamento volontario. Ma quando i giorni cominciano a scorrere uno dopo l'altro le possibilità di trovare ancora in vita i consanguinei si fanno sempre più labili.
Fonte: cinema.everyeye.it
martedì 30 agosto 2016
UN LUPO MANNARO AMERICANO A LONDRA
Gli americani David Kessler e Jack Goodman, amici inseparabili fin dalle scuole elementari, sono in vacanza in Europa: la loro prima tappa è l'Inghilterra del Nord, dove i due ragazzi si trovano a visitare le campagne dello Yorkshire. Una sera giungono ad un isolato pub chiamato l'Agnello Insanguinato e, dopo essere stati malamente accolti dagli avventori del posto, finiscono per perdersi di notte nella brughiera. Proprio qui i turisti vengono aggrediti da un feroce lupo che uccide Jack e ferisce gravemente David, che comunque sopravvive per il provvidenziale intervento della gente locale. Ricoverato in ospedale il giovane riceve le attenzioni della bella infermiera Alex ma è al contempo vittima di inquietanti incubi e di saltuarie apparizioni da parte del cadavere dell'amico deceduto, il quale gli rivela che il morso dell'animale lo ha in realtà mutato in un lupo mannaro e che durante la prima luna piena David si trasformerà nella bestiale creatura. Propenso a credere di essere a vittima di allucinazioni dovute allo shock recente, il ragazzo scoprirà ben presto la verità...
Fonte: cinema.everyeye.it
venerdì 19 agosto 2016
IN THE DEEP
Lisa e Kate sono due affiatatissime sorelle che si trovano in vacanza in Messico soprattutto per dimenticare la recente fine del rapporto della prima con lo storico fidanzato. In una serata di festa le giovani conoscono due coetanei del luogo che le propongono di partecipare il giorno seguente ad un'escursione marina alla ricerca di squali. Nonostante le reticenze di Lisa il viaggio ha comunque inizio a bordo di un'antiquata imbarcazione di proprietà dell'esperto capitano Taylor, sulla quale avrà anche luogo un'immersione a cinque metri di profondità all'interno di una gabbia di metallo per poter osservare da vicino i pescecani. Quando viene il turno delle sorelle tutto sembra inizialmente procedere per il meglio, ma dopo alcuni minuti il cavo di metallo che reggeva la struttura cede e le due malcapitate finiscono per trovarsi sul fondale marino a quasi cinquanta metri di profondità, con l'impossibilità di uscire per il pericolo degli assalti dei predatori e la quantità di ossigeno che si affievolisce col passare dei minuti.
Fonte: cinema.everyeye.it
mercoledì 10 agosto 2016
Escobar: Paradise Lost
Nick pensa di aver trovato il paradiso quando raggiunge il fratello in Colombia. Una laguna turchese, una spiaggia d'avorio, onde perfette - è un sogno per questo giovane surfista canadese. Poi incontra Maria, una splendida ragazza colombiana. I due si innamorano follemente e tutto va benissimo fino a quando Maria presenta Nick a suo zio: Pablo Escobar.
GENERE: Thriller , Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Andrea Di Stefano
ATTORI: Benicio Del Toro, Josh Hutcherson, Brady Corbet, Claudia Traisac, Carlos Bardem, Ana Girardot
SCENEGGIATURA: Andrea Di Stefano
FOTOGRAFIA: Luis David Sansans
MONTAGGIO: Maryline Monthieux
MUSICHE: Max Richter
PRODUZIONE: Chapter 2
DISTRIBUZIONE: Good Films
PAESE: Francia, Spagna, Belgio
DURATA: 120 Min
Fonte: comingsoon.it
giovedì 28 luglio 2016
Tokyo Love Hotel
Hiroki Ryuichi è un regista giapponse, piuttosto prolifico, che la sua gavetta professionale l'ha fatta nei cosiddetti pinku eiga, popolarissimi film erotici soft-core, poi si è cimentato anche nell'hard e poi ha cominciato a fare cinema per tutti, raccontando storie intime che tratteggiano i rapporti di coppia e sociali nel Giappone di oggi nelle quali, comunque, il sesso fa sempre capolino.
Però non bisogna andare al cinema a vedere Tokyo Love Hotel aspettandosi un film piccantissimo tutto nudi e amplessi. Che ci sono, i nudi (mai integrali, che in Giappone pure il porno vero è censurato) e gli amplessi, ma sono una parte infinitesimale dei tanti eventi che portano il film a essere una sorta di minestrone - lungo, anche troppo, 135 minuti dai ritmi spesso eccessivamente dilatati - nel quale convergono storie e istanze dei tanti personaggi che lo popolano.
Il perno, ovviamente, è il love hotel (sorta di albergo a ore) del titolo, dentro e attorno al quale gravitano le sorti di tutti i personaggi: coppie che si nascondono da anni in attesa che un certo reato passi in prescrizione, escort che stanno per cambiare lavoro, portieri di notte che sognavano i grandi alberghi a cinque stelle, ragazze che si sono date al porno, fidanzate fedifraghe e molto altro ancora.
Da ognuno di questi personaggi e dalle loro storie, Hiroki distilla il tono di un film che non rifiuta affatto la gioia e la risata occasionale, ma che è primariamente intriso di una malincolia profonda: di quella malinconia che deriva dal vedere i propri sogni svaniti, o sempre più lontani, compromessi dalle difficoltà economiche, dalle crisi relazionali, da macroeventi drammatici come quella tragedia di Fukushima le sue conseguenze aleggiano malevole su tutto il film.
Il sesso, allora, come spesso accade, è qui un antidoto alla disperazione, una parentesi di annullamento nella quale perdersi senza pensare a nulla, tantomeno alla propria condizione o alla propria frustrazione. È libero, ma venato di tristezza, sempre o quasi.
E allora ai personaggi di Tokyo Love Hotel la libertà, e la speranza, gli tocca andarsele a cercare da un'altra parte, alla fine. Esplorando un mondo ignoto, e imprevedibile, ma lontano dalle gabbie fisiche delle stanze e dei corridoi ma anche da quelle mentali delle proprie scelte.
Nulla di particolarmente nuovo, né di particolarmente coinvolgente, in un racconto forse troppo faticoso. Ma a Hiroki va riconosciuta una mano leggera in grado di alternare toni e gestire intrecci senza intoppi, e la capacità di trarre il meglio dai suoi attori, tutti scelti ad hoc.
Fonte: comingsoon.it
giovedì 21 luglio 2016
A Dragon Arrives
Persia, 1965: una Chevrolet Impala arancione sbarca sull'isola di Qeshm, nel Golfo Persico. A guidarla è il detective Babak Hafizi, giunto sul posto per indagare sul suicidio di un detenuto politico al confino. Dopo aver constatato che in realtà è stato ucciso, lo fa seppellire nel vecchio cimitero in mezzo al deserto, vicino al relitto di una nave del XVII secolo, e assiste incredulo all'avverarsi delle parole del becchino del luogo: ogni volta che si seppellisce qualcuno in quella terra, si scatena un terremoto. Per risolvere questo e altri misteri, Babak torna sull'isola all'insaputa dei servizi segreti, con un geologo e un ingegnere del suono che lavora nel cinema.
Da una premessa tanto bizzarra prende il via un film affascinante e misterioso come il Manoscritto trovato a Saragozza, in certi punti arcano per lo spettatore non iraniano ma coinvolgente come pochi. Intitolata A Dragon Arrives! in un dichiarato omaggio dell'autore a Bruce Lee, che non ha punti di contatto con la trama, la storia nasce nella mente del regista dalla strana esperienza di un fonico che, dopo essersi inoltrato nelle vecchie grotte nel Sud dell'Iran, cadde in un crepaccio e quando fu ritrovato disse di aver visto una strana creatura nel sottosuolo, che gli aveva insegnato a parlare tedesco (cosa che provò recitando un poema di Holderlin). Mani Haghighi, regista esperto al suo quinto film, mescola leggenda, storia del suo paese, paranoia e realtà in una location di raro fascino, dove ti puoi aspettare veramente di tutto. Forse la parte che noi occidentali cogliamo meno è quella coi riferimenti ai servizi segreti e alla terribile Savak, la polizia segreta iraniana che operava ai tempi dello Scià.
Ma questo non impedisce di godere di un film pieno di sorprese, come quando all'improvviso (e forse in modo un po' incongruo) ci troviamo trasportati in epoca contemporanea all'interno di un (finto) documentario sui fatti a cui fino ad allora abbiamo assistito o vediamo delle scene di The Brick and The Mirror, girato tra il 1964 e il 1968 – quando è amboentata la storia, di cui diventa parte – da Ebrahim Golestan, famoso regista del cinema iraniano, nonno di Haghighi. Tra i lamenti strazianti dei cammelli che ricordano i versi di creature mitologiche, una gigantesca nave forse infestata dagli spiriti dei prigionieri decapitati secoli prima e sepolti in un inquietante cimitero (uno splendido lavoro di scenografia), scavi proibiti e misteri da non portare alla luce, A Dragon Arrives! riesce a conquistarci, imprimendoci nella retina immagini di rara bellezza e nelle orecchie la colonna sonora di Christoph Rezai, una delle più affascinanti e particolari che abbiamo mai sentito, coi suoi ritmi selvaggi e animaleschi (va sottolineato quanto l'estrema attenzione alla musica e al sonoro accomuni i film della rassegna Nuovo Cinema Teheran).
Sono belli anche i personaggi, ben caratterizzati dai loro interpreti: l'interrogatore, l'ambiguo e pericoloso uomo col cappello e le lenti spesse, l'ingegnere del suono hippy, il geologo con le sue strumentazioni artigianali, il detective abbigliato all'americana e tutti i ruoli di contorno, per quanto piccoli. A Dragon Arrives! è uno di quei film il cui fascino risiede proprio nel suo mistero, che non chiede di essere compreso e spiegato ma vissuto e ci rimanda al lato più fiabesco della cultura iraniana, che Haghighi con grande sapienza innesta sul vissuto storico del suo paese, riuscendo a parlare dell'oggi attraverso metafore e racconti di un passato che ormai non può più fare del male a nessuno.
Fonte: comingsoon.it
mercoledì 13 luglio 2016
La battaglia degli imperi - Dragon Blade
In parte è il cinema hollywoodiano come punto di riferimento per creare entertainment su larga scala, in parte è la tradizione orientale tra filosofia di vita e arti marziali. Il punto di raccordo è ovviamente Jackie Chan, attore protagonista, produttore, coordinatore dei combattimenti (non accreditato) e soprattutto icona del cinema cinese con una carriera internazionale senza eguali. Non è difficile farselo piacere, sapendo di trovarlo in qualunque contesto affabile, brillante e acrobatico, così come lo è in questo monumentale fantasy storico. Siamo sulla Via della Seta nel 48 a.C. al confine con la Cina, quegli 8000 km di strada che univano l'Asia Centrale con il Mediterraneo passando per il Medio Oriente. Scambi commerciali, culturali e artistici tra Roma e l'Oriente erano all'ordine del giorno, ma in Dragon Blade lo sceneggiatore e regista Daniel Lee si immagina che a sorvegliare la Via e a calmare gli animi dei guerrieri di passaggio ci fosse una sorta di pattuglia di sette uomini a cavallo, sotto l'ordine di una vicina prefettura. Jackie Chan è il comandante, un pacificatore convinto e funzionale ed è con lui che John Cusack, nei panni del centurione romano Lucius, prima combatte poi stringe amicizia perché i suoi soldati sono allo stremo e il piccolo erede al trono che sta proteggendo ha bisogno di cure.
Ci si può chiedere quale motivo possa spingere un attore americano a partecipare a un kolossal cinese e, al di là dell'ipotetico generoso compenso, appare evidente che possa essere un'esperienza di lavoro immersiva e culturalmente preziosa. Lo sa bene Adrien Brody che è alla sua seconda immersione asiatica dopo 1942 e che qui interpreta il malvagio Tiberius. Il film inizia ai giorni nostri con due archeologi hi-tech in cerca della fantomatica città di Regum, più leggenda che realtà ma ancora per poco. La storia è raccontata in flashback, con ampie licenze fiabesche pensando all'esteso range anagrafico del pubblico di Jackie Chan. La veridicità storica non è prioritaria, lo sono il divertimento, la scenografia, i costumi, le acrobazie degli stuntman e, purtroppo, quel look estetico fatto di colori desaturati e riprese in slow-motion che già nel cinema USA hanno iniziato a essere ridontanti e che non necessariamente debbano essere sinonimo di epico. La visione è comunque gradevole, basta sintonizzarsi su un livello ri ricezione elementare e mandar giù alcune banalità narrative.
Fonte: comingsoon.it
domenica 3 luglio 2016
A Girl Walks Home Alone at Night
Nell'immaginaria città iraniana di Bad City si aggirano strani personaggi: un ragazzo rockettaro che vive col padre tossicodipendente, un violento spacciatore, ladro e magnaccia, una triste prostituta, una ragazza ricca e una giovane che appare d'improvviso nella notte vestita col velo tradizionale ma è tutt'altro che indifesa, visto che è un vampiro. Tra lei e il ragazzo nasce un'inconsapevole attrazione che li unirà in una singolare fuga. Preceduto dai premi vinti in molti festival, da Sitges a Bucarest, da Deauville a Dublino, dopo la presentazione al Sundance del 2014, arriva finalmente anche nelle nostre sale il primo “western vampiresco iraniano”, opera prima dichiaratamente ambiziosa della trentaseienne Ana Lily Amirpour, regista di origini iraniane ma nata a Londra e da sempre vissuta in America.
Questo spiega lo sguardo occidentale su quello che appare come un ritorno alle origini, filtrato attraverso gli occhi di una cinefila cresciuta col cinema indipendente americano. In questo senso A Girl Walks Home Alone at Night - titolo bellissimo lasciato giustamente in originale – è un po' l'intruso tra i quattro della rassegna Nuovo Cinema Teheran, perché è cinema della diaspora, tipico di quelle generazioni di iraniani che non hanno mai conosciuto il paese natio o lo hanno lasciato da molto tempo per vivere e lavorare in Occidente. La Bad City del film, come riconosce la stessa autrice, è il loro mondo, pieno di riferimenti alla pop culture con cui sono cresciuti. Il protagonista è ispirato a James Dean e guida spavaldo – anche se per poco – una Ford Thunderbird e la prostituta malinconica sembra uscita da un film francese.
Unico elemento veramente originale e caratterizzante in senso etnico la storia è la vampira vestita con il lungo chador nero che indossa per cacciare e che non a caso rappresenta la minaccia che richiama questi personaggi senza identità alle loro radici, pericolosa sirena che preda solo tra coloro per i quali non c'è più possibile ritorno in società. A Girl Walks Home Alone at Night è un film dalle atmofere dilatate e rarefatte, quasi oniriche, girato in un bellissimo bianco e nero e in formato anamorfico, con qualche tocco di umorismo e una marea di citazioni. In questo senso è uno di quei film i cui difetti paradossalmente coincidono con i pregi,
Come spesso avviene quando si arriva finalmente all'opera prima, è un pot-pourri di omaggi e suggestioni: Amipour ha fin troppo presente la lezione del primo Jarmusch e del Lynch degli esordi (impossibile non pensare ad Eraserhead) e negli inseguimenti della sua vampira c'è un'eco del Bacio della pantera di Jacques Tourneur. C'è anche una divertente strizzata d'occhio a Ritorno al futuro quando la ragazza vampiro adotta lo skateboard come mezzo di locomozione. E ovviamente il richiamo a Sin City e il bianco e nero da graphic novel sono tutt'altro che casuali, come non lo sono le musiche alla Morricone e l'omaggio al western all'italiana.
Le parti più belle del film sono a nostro avviso quelle in cui la ragazza si rilassa nel suo covo e le sue improvvise apparizioni, che sembrano davvero uscite da un fumetto, tanto che la regista ha deciso dopo il film di dedicargliene uno in forma di prequel. Ottima è anche la colonna sonora scelta dall'autrice, una compilation del miglior rock iraniano. La stoffa insomma sicuramente c'è, ma per capire cosa possa davvero fare Amirpour con questo talento preferiamo aspettare la sua opera seconda e la rivelazione del suo vero e originale stile – che qua si intravvede appena – sperando che con questo debutto abbia reso sufficiente omaggio ai suoi maestri.
Fonte: comingsoon.it
mercoledì 29 giugno 2016
Mother's Day
Jennifer Aniston, Kate Hudson, Julia Roberts, Jason Sudeikis sono le protagoniste di una serie di storie intrecciate che esaltano il legame materno spesso conflittuale, ma sempre fortissimo, talvolta folle! Nella settimana prima della festa della mamma, scopriamo le vite di un gruppo di donne forti, amorevoli e imperfette: da quella divorziata che deve fare i conti con la nuova matrigna dei suoi figli a quella che cerca di trovare la madre naturale. Madri in attesa, single, matrigne, madri gay, madri assenti o lontane, madri di ogni tipo...tutte ci ricordano come ogni madre è, a suo modo, un'eroina.
Fonte: comingsoon.it
martedì 21 giugno 2016
Kiki & I Segreti del Sesso Recensione
Il corpo è ancora una volta il veicolo con cui il regista spagnolo Julio Medemracconta le emozioni delle donne. Dopo la scoperta del sesso, gioie e turbamenti inclusi, di Lucia y el sexo, e la notte di passione di Room in Rome, in Ma Ma si confronta con la paura della malattia, con il cancro che colpisce la donna nella sua unicità: quello al seno, che da portatore di vita e bellezza diventa annullamento dell’identità e veicolo di morte. Un cancer movie declinato con lo stile visivo tipico del regista spagnolo: lontano dal realismo, talvolta onirico altre melodrammatico. Un perfetto veicolo per una star spesso pronta a rimettersi in gioco come Penelope Cruz. Tornata ormai stabilmente in Spagna, ha prodotto e sposato in pieno questo film in cui è presente dalla prima all’ultima inquadratura, realizzando il sogno di ogni attore: poter mostrare la capacità di assecondare credibilmente cambiamenti estremi al proprio fisico, il volto scavato dalla malattia come il taglio a zero dei capelli.
Le intenzioni sono quelle di proporre la storia di una donna coraggiosa, che non si piega ai drammi che la vita le impone di affrontare, lottando con tutte le energie per se stessa, ma anche per le persone che ama e intorno a lei iniziano a cedere allo sconforto. Una donna, ma anche una mamma, come il titolo originale spagnolo - che si riferisce anche alla declinazione spagnola del tumore della mammella – ci suggerisce. Magda è un’insegnante privata del lavoro a causa della crisi economica il cui matrimonio va in pezzi quando il marito parte con un’altra donna. È l’estate del 2012 e il figlio di 10 anni gioca brillantemente le ultime partite con la sua squadra di calcio, sognando una carriera da calciatore professionista e la vittoria, poi trasformatasi in realtà, della Spagna ai campionati europei. Un’estate torrida, in cui Magda lascia andare il figlio in vacanza con i cugini e si sottopone alle sedute di chemioterapia per un tumore al seno appena diagnosticato, avvicinandosi a un uomo disperato per la morte della moglie e della figlia. La condivisione di una quotidianità che non ha più nulla di ordinario avvicinerà queste due anime rese incomplete dalla vita, ponendole di fronte alla sofferenza, poi alla gioia e poi ancora alla malattia beffarda, quella che arriva quando si è assaporata l’alba di una vita felice ormai insperata.
In Ma Ma si rispettano tutti i dettami del cinema di malattia, fino ai limiti estremi della ragionevolezza, inducendo l’emozione nello spettatore a cuore aperto, con strumenti arrugginiti, finendo per far oscillare il film senza equilibrio fra tragico e ridicolo, perdendo la sfida con il melodramma. Rimane la capacità della Cruz di conciliare il morbido con gli spigoli, dedicandosi con sincero trasporto a un film sostenuto da alti valori morali, ma privo di reale profondità, limitato da un’estetica patinata e da una sequela di situazioni meccaniche e poco credibili.
Fonte: comingsoon.it
venerdì 17 giugno 2016
Ma Ma - Tutto andrà bene Recensione
Bentornati nella Casa degli Orrori di James Wan. Come sempre succede in tempi tristi e spaventosi, c’è una gran voglia in giro di essere terrorizzati, nel buio rassicurante della sala cinematografica, da fenomeni paranormali ed entità demoniache - si creda o meno alla loro realtà - per dimenticare i veri orrori che succedono quotidianamente nel mondo reale. Non c’è alcun dubbio che Wan sia un abile artigiano e il successo dei suoi film è lì a dimostrarlo. Con le sue capacità di cogliere i cambiamenti nel gusto del pubblico sta pian piano riportando l’horror al successo popolare che da tempo gli mancava, come conferma questo secondo film dedicato alla coppia di popolari demonologi, esorcisti, medium e ghostbusters americani Ed e Lorraine Warren. Stavolta al centro delle loro indagini c’è la storia del Poltergeist che nel 1977 – in piena epoca post-Esorcistaquando questi fenomeni diventano da un giorno all’altro molto comuni - sembra infestare la casa popolare abitata da una madre separata con quattro figli, Peggy Hodgson, e che come da consuetudine vengono catalizzati da una preadolescente, l’undicenne Janet.
Il caso più famoso in cui i Warren vennero coinvolti, come si ricorda all’inizio del film, fu quello assai controverso della strage notturna di una famiglia da parte del padre nella casa di Amityville, attribuito dai credenti a possessione demoniaca e raccontato in una serie infinita di film. Del loro coinvolgimento nel caso Enfield, oggetto anche della miniserie inglese del 2015 Enfield: Oscure presenze e di numerosi speciali e libri, c’è poca traccia e di sicuro non vi hanno partecipato in veste di risolutori ma solo di consulenti: i fenomeni di incerta provenienza della casa di Green Street scomparvero spontaneamente nell’arco di due anni dopo aver scatenato un gran circo mediatico. Per chi vuole approfondire, su Youtube c’è abbondanza di documentazione in merito, incluse le registrazioni della voce di Janet posseduta dallo spirito di “Bill”, il vecchio abitante della casa. La ragazzina fu anche sorpresa - momento che nel film prelude alla svolta finale - nell’atto di piegare posate e simulare altre manifestazioni, ma nonostante tutte le prove a sfavore, molti dei testimoni coinvolti ancora giurano sulla verità della storia, incluse ovviamente le protagoniste.
Al cinema horror, però, tutto questo non interessa: chi lo vede sa fin da principio che tutto quanto accade sullo schermo, per assurdo e ridicolo che sia, è vero e che per una volta l’impossibile prevarrà sulla logica. Entrando in sala, insomma, accettiamo di mettere a dormire la nostra razionalità e risvegliare paure e credenze ancestrali. È un rito innocuo e liberatorio che a molti di noi piace celebrare e che è un po’ come tornare bambini e avere di nuovo paura dei tuoni. James Wan tutto questo lo sa benissimo e per convincere maggiormente il pubblico già desideroso di compiere un atto di fede, punta sull’amplificazione dei fenomeni di cui ci rende testimoni. Il nostro punto di vista nel film è quello dei Warren, che uniscono a un’ incrollabile fede e alla forza del loro amore coniugale un pragmatismo e un dinamismo tipicamente americani che li porta ogni volta a salvare da soli il mondo, anche in trasferta. Nella realtà la loro convivenza col mondo oscuro invisibile ai più è stata assai redditizia, ma nel film c’è un prezzo da pagare, tanto che Lorraine, tormentata da un’oscura visione legata al caso di Amityville, decide che è tempo di abbandonare le malvagie compagnie e dedicarsi alla lettura della Bibbia. Ma i demoni cercano lo scontro con chi li ha sfidati, vogliono chiudere la partita e li richiamano in prima linea.
Non è certo un caso se Wan realizza il film con estrema attenzione ai classici della possessione degli anni Settanta, con un omaggio all’Esorcista che ha in qualche scena sentore di plagio, qualche citazione da Changeling di Peter Medak e attingendo ovviamente a piene mani da Poltergeist. Come si faceva all’epoca, costruisce la tensione con la necessaria lentezza prima di scatenare l’inferno e ad innestare su un corpo fin troppo classico arti moderni e deformi che costituiscono l’unico vero e valido elemento innovatore del film. Non è un caso se avrà il suo personale spinoff, dopo Annabelle, quello che è il personaggio protagonista delle sequenze più riuscite, la Suora demoniaca, nato paradossalmente quando ci si è resi conto che l’entità diabolica realizzata in precedenza non funzionava affatto e si è reso necessario rigirare le scene in cui appariva. E forse un film a sé meriterebbe anche il Crooked Man, l’Uomo Stortodello Zootropio, che, per quanto cartoonesco (alzi la mano chi non ha pensato aBeetlejuice), ricorda anche protagonisti del terrore adolescenziale moderno come lo Slenderman delle creepypasta.
Delle due ore e un quarto della (eccessiva) durata del film ci resta più che altro questo, oltre alle sempre ottime performance di Patrick Wilson e Vera Farmiga, splendidi protagonisti tra l'altro delle nostre due serie preferite, Fargo e Bates Motel, e - soprattutto - l'intensità della piccola Madison Wolfe, che abbiamo già apprezzato in L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo e nelle serie True Detective e Zoo. Per una questione generazionale, chi gli anni Settanta li ha vissuti davvero e ha visto i classici del periodo al cinema, apprezzerà il tentativo e l’onesta Operazione Nostalgia del regista, ma uscendo dal suo Tunnel dell’orrore porterà con sé un paio di belle sequenze tra molte risate e qualche sbadiglio. Ciò non toglie che tutti gli altri possano apprezzare di più The Conjuring - Il caso Enfield per le sue intrinseche qualità e tributargli il successo che la sua sincerità gli merita. In fondo la popolarità dei film di James Wan potrebbe aiutare anche gli horror meno mainstream e più interessanti ad arrivare tempestivamente nelle nostre sale.
Fonte: comingsoon.it
sabato 28 maggio 2016
Batman v Superman: Dawn of Justice
Mettete contro i due più grandi eroi del mondo e l'impensabile diventa inevitabile, assumendo la forma di un vero scontro sismico: Batman, il giustiziere mascherato, cavaliere delle tenebre e Superman, l'imbattibile alieno dello spazio, chi pensate possa vincere in un simile duello?
Batman v Superman: Dawn of Justice, con Ben Affleck nel ruolo di Batman/Bruce Wayne e Henry Cavill in quello di Superman/Clark Kent nel primo film per il grande schermo che vede la presenza contemporanea dei due personaggi. Temendo le azioni incontrollate di un Supereroe semidio, il potente giustiziere di Gotham City affronta il più rispettato eroe dei nostri tempi di Metropolis, mentre il mondo si divide su quale tipo di eroe abbia veramente bisogno. E con Batman e Superman in lotta tra di loro, una nuova minaccia si staglia rapidamente all'orizzonte, ponendo la razza umana nel più grande pericolo mai affrontato prima.
Fonte: comingsoon.it
lunedì 16 maggio 2016
Deadpool
Basato sul personaggio dell'eroe più anticonvenzionale della Marvel Comics, Deadpool racconta la storia di Wade Wilson, partendo dal suo passato come ex membro delle forze speciali che, dopo essere stato sottoposto a un esperimento illegale che gli dona poteri di guarigione accelerata, diventa un mercenario adottando l'alter ego Deadpool. Armato con le sue nuove abilità, e con un cinico e contorto senso dell'umorismo, Deadpool dà la caccia all'uomo che ha quasi distrutto la sua vita. Deadpool è una figura unica nel Marvel Universe.
Fabian Nicieza e Rob Liefeld lo hanno creato dandogli un atteggiamento spesso non supereroistico. Una controparte sarcastica degli eroi e dei cattivi che si sentono superiori a tutti e che popolano gli altri fumetti della Marvel.
Deadpool spara costantemente battute taglienti e rompe la "quarta parete" rivolgendosi al suo pubblico.
Fonte: comingsoon.it
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