Kubo è un cantastorie. Di giorno al villaggio suona e canta le gesta di storie senza un finale, animate davanti al suo pubblico di strada tramite origami; di notte invece si nasconde da un nemico occulto che lo cerca per privarlo dell'unico occhio che gli rimane (l'altro è bendato): il nonno. Ultimo di una famiglia legata alla magia, vive con una madre che sembra aver perso ogni forza per lottare e che, quando il nonno li troverà, scompare nel tentativo di far scappare il figlio. Inizia così il viaggio di Kubo, assieme a uno scarafaggio gigante e una scimmia, alla ricerca di un elmo, un'armatura e una spada che insieme gli consentiranno di sconfiggere l'ingombrante nonno.
Mascherata, tradotta, celata e messa in forma di allegoria, c'è una storia di formazione e di abbandono del nido familiare dietro Kubo e La Spada Magica. E quanto più questo cartone animato in stop motion aggiunge strati che impediscano di scorgere davvero la sua natura, tanto più sembra caricarsi di un senso romantico e perduto. Più cioè si allontana dalla propria essenza (un ragazzo diventa un uomo emancipandosi dalla propria famiglia), più riesce a raccontare questo passaggio condendolo con un'epica presa direttamente dall'intimità inconfessabile di ognuno.
Alla ricerca dei tre elementi che lo libereranno dalla persecuzione del retaggio del nonno, Kubo perde e ritrova i suoi genitori, affronta il peso delle proprie radici e ne esce talmente vincitore da non aver bisogno di annientare il nemico, ma da potersi permettere di inglobarlo, creando un rapporto sereno con il proprio passato.
La Laika, studio di animazione in stop motion responsabile di piccole gemme come ParaNorman ma anche di capolavori assoluti come Coraline, si diverte a giocare con la propria plastilina mettendo in mano al protagonista gli origami (veri antenati di questa tecnica di animazione) in foggia di strumento di combattimento e racconto, materia plasmabile che prende vita come avviene con la stessa stop motion.
Nonostante piccole creature che fanno da aiutanti silenziosi, debitori della tradizione Disney, Kubo e la Spada Magica non deve nulla a nessuno. L'ambientazione giapponese non implica una ricerca dello stile nipponico, né per questo ricalca la struttura dell'animazione statunitense. Fiero della propria identità questo film procede in autonomia. Questo però implica una certa stanchezza e una difficoltà evidente nel gestire le magniloquenti scene d'azione. Kubo e la Spada Magica, nonostante vanti una storia d'avventura, non ha anche la capacità di dargli l'afflato mostrato nel resto del film. Piatto e ripetitivo, sembra disprezzare gli scontri e il movimento rapido per preferirgli la costruzione delle scene dialogate o le più inventive sequenze di racconto. Anche la grande metafora del cantastorie senza un finale che cerca una chiusa alla propria storia, gira più intorno al suo essere narrata che al suo diventare atto. Purtroppo non è poco per un film che fonda su una lotta contro una serie ben determinata di nemici la propria allegoria della guerra per affermare se stesso.
Fonte: Qui
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