Se pensate, come il sottoscritto, che l’antivirus sia una perdita di tempo, vedendo Zero Days forse cambierete idea, o quantomeno raggiungerete la consapevolezza che avere un Mac non vi mette in salvo dal grande occhio e orecchio che tutto (ci) legge. Alex Gibney è uno dei grandi autori del documentario contemporaneo, sempre pronto a prendere di petto un tema controverso e attuale, riuscendo a realizzare cinema di qualità, lontano sideralmente dal reportage giornalistico, pur affrontando spesso gli stessi argomenti.
Questa volta, in Zero Days, ha davvero sfidato se stesso, senza un chiaro antagonista e un ben focalizzato tema da sviluppare, come in passato la guerra in Iraq, Scientology o il doping di Lance Armstrong. Questa volta insegue il presente, prova ad anticipare il futuro e individua nella guerra digitale, la cyberwar, la grande sfida.
Nello specifico racconta la storia di Stuxnet, un virus autoreplicante, un malware utilizzato come arma offensiva da Stati uniti e Israele per indebolire l’avanzata dell’Iran verso il nucleare. Un attacco sfuggito poi di mano e diffusosi oltre l’obiettivo iniziale, aprendo per la prima volta il vaso di Pandora della cyberwar. Un ulteriore passo verso la spersonalizzazione della guerra, il passaggio dal confronto analogico, fra esseri umani, anche in ambito di intelligence, all’utilizzo dei virus informatici, di una rete minacciosa in grado di infliggere anche danni fisici, come quelli alle turbine nucleare iraniane. Un’arma nata come difesa dal terrorismo digitale, diventata sempre di più strumento offensivo. Risposta in ambito di intelligence ai droni, insieme alle missioni delle forze speciali rappresentano i campi di battaglia delle guerre asimmetriche di questo secolo.
Scegliendo un argomento su cui nessuno vuole esplicitamente parlare, colpa dell’effetto Snowden, dovendo creare un personaggio virtuale, sintesi di tante voci rimaste senza volto, Gibney gira un po’ in tondo, rispetto ai suoi lavori più riusciti, cercando disperatamente di mettere a fuoco la questione e nel farlo talvolta torna più e più volte sugli stessi punti. Ma la sua capacità di rendere Zero Days, fin dal titolo, un vero thriller appassionante, riesce a coinvolgere lo spettatore che abbia la pazienza di seguirlo in un viaggio binario non sempre di facile fruizione.
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