lunedì 17 luglio 2017

47 Metri


Due giovani sorelle - Lisa e Kate - sono in vacanza in una località marina in Messico. La situazione sarebbe ideale per svagarsi alla grande, ma Lisa è turbata per essere stata lasciata dal suo fidanzato. Così Kate, la più disinvolta delle due, cerca di farla divertire portandola fuori di notte a spassarsela. Due giovani messicani propongono alle ragazze di provare lo sballo di un'immersione in una gabbia in un luogo infestato da squali: totalmente sicuro, totalmente avvincente. Lisa, preoccupata, è titubante, ma dato che è stata lasciata dal fidanzato proprio perché ritenuta noiosa, decide, spinta dalla sorella, di tentare la botta di vita. Quando vede la vecchia gabbia arrugginita del "capitano" Taylor, Lisa è di nuovo colta da dubbi, ma Kate è risoluta: l'avventura va vissuta. In mare aperto vengono gettate le esche per attirare gli squali che subito arrivano. Poi le ragazze si calano in mare dentro la gabbia per potersi godere la vista degli squali al sicuro della loro protezione. Ma per un problema tecnico la gabbia precipita a 47 metri di profondità e le ragazze si trovano nei guai con poca aria e troppi squali.
I pescecani sono un perfetto emblema del terrore sin dai tempi de Lo squalo (e anche da prima). Silenziosi e famelici, rappresentano, nei film, una minaccia contro la quale è difficile difendersi. Per questo motivo, i film con gli squali sono diventati un nutrito sottogenere, tendenzialmente piuttosto ripetitivo. Vi sono però delle varianti, talvolta.
47 metri appartiene a esse, mettendo in scena una situazione che presenta analogie con altri squalo-movies atipici come Open Water e Paradise Beach - Dentro l'incubo, ma con sufficiente originalità nello spunto. 
L'inglese Johannes Roberts è uno specialista dell'horror, pur non avendo un pedigree di particolare brillantezza: qui maneggia con abilità una situazione interessante, da claustrofobia in spazio aperto, in un tour de force registico nel quale trova tempi e modi adeguati per produrre momenti di tensione e spavento senza però mai mettere in secondo piano l'aspetto umano, che ci porta a temere per la sorte delle due protagoniste alle prese con qualcosa di più grande di loro. La tensione viene mantenuta piuttosto alta e convincente: talvolta il film traccheggia per la poca sostanza narrativa (è soprattutto un film di situazione), ma riesce a rendere con efficacia la solitudine e la disperazione delle ragazze di fronte a una natura ostile per la quale sono solo cibo per squali.
Pur senza essere particolarmente sottile nella descrizione delle psicologie, inoltre, il film è capace anche di fornire un ritratto convincente del legame che unisce le due sorelle, diverse nel carattere, ma solidali e profondamente affezionate. E l'incertezza in cui versano, insicure sullo stato delle cose in superficie (sono state abbandonate o qualcuno le cerca?), aggiunge ulteriori elementi di suspense. Certo l'elenco delle cose che vanno storte è un po' troppo lungo e ciò detrae un po' di credibilità dalla vicenda, ma nell'insieme il film è molto realistico, avvincente, teso e dotato anche di un buon colpo di scena finale che chiude in modo adeguato la storia. Buona la prova del cast con Mandy Moore e Claire Holt in buona evidenza e la simpatica partecipazione di una vecchia volpe del cinema hollywoodiano come Matthew Modine - lontano dai fasti di Full Metal Jacket, ma ancora in gamba - nei panni di un lupo di mare dall'attrezzatura un po' troppo corrosa dalla salsedine.
Fonte: QUI

lunedì 3 luglio 2017

Cuori Puri


Agnese compie i diciotto anni mentre vive con una madre molto devota e frequenta la parrocchia locale dove sta per compiere una promessa di castità fino al giorno delle nozze. Stefano ha venticinque anni, un passato difficile e un presente in cui deve cercare di conservare l'incarico di custode di un parcheggio che confina con un campo rom. La sua famiglia sta per essere sfrattata e ha bisogno del suo aiuto. Il loro incontro farà nascere un sentimento speciale che implica delle scelte importanti, in particolare per Agnese.
Era da tempo che non compariva sugli schermi un'opera prima così intensa e così carica di un realismo che si fa cinema ad ogni inquadratura.
A partire dall'inseguimento iniziale: una corsa in cui Stefano, addetto al controllo in un centro commerciale, insegue Agnese che ha rubato un cellulare di scarso valore. È il loro primo incontro ma non è l'inizio di un idillio. È solo il prologo di un percorso irto di ostacoli. Perché il microcosmo che li circonda non è loro di aiuto. De Paolis si libera da tutti i presunti doveri del politically correct, quelli per intendersi, che fanno gridare allo scandalo gli ipocriti che vorrebbero dipingere la realtà così come non è. In questo film i rom non sono tutti buoni così come gli sfrattati non sono solo vittime e le buone intenzioni non necessariamente conducono a quella Verità che potrebbe farci liberi. 

Agnese è chiusa in una gabbia che non ha pareti ma che, grazie a una madre ossessionata da una religiosità pervasiva, la rinchiude apparentemente senza via di scampo. Questo senza che ci sia la necessità di rappresentare l'ambito parrocchiale come un luogo retrogrado e conservatore. Don Luca è un sacerdote che crede sinceramente a ciò che propone ai ragazzi, ne conosce le difficoltà in senso generale ma non entra mai in una dinamica di comprensione del singolo se non per una reprimenda sul furto.
Fonte: QUI